
Titolo italiano: Novilunio
Titolo originale: The Wanderer
Autore: Fritz Leiber
Prima pubblicazione: 1964
TRAMA: durante l’osservazione di un’eclissi di Luna, nel cielo notturno appare un nuovo pianeta con strani disegni sulla sua superficie: il Vagabondo. Si tratta dell’incredibile mezzo di trasporto di una razza aliena. Dopo il suo arrivo, iniziano a scatenarsi eventi catastrofici in tutto il mondo. La popolazione terrestre sprofonda nel panico a causa di terremoti, tsunami ed eruzioni vulcaniche. È forse l’apocalisse?
Novilunio è il primo libro di genere apocalittico che io abbia letto e, come tale, occupa un posto importante nella mia libreria. Durante il periodo in cui lo stavo leggendo, i miei sogni sono stati influenzati. Vedevo tsunami abbattersi contro edifici e maree, lente ma inesorabili, che costringevano la popolazione alla fuga. Questa si può considerare la prova che il libro mi ha colpito molto nel profondo.
Ciò che più apprezzo delle atmosfere apocalittiche credo sia proprio il senso di caos e incertezza che portano con sé. Le persone, che fino a poco prima vivevano la loro ordinaria e noiosa esistenza, si trovano sbalzate in una nuova, sconvolgente realtà. La società cerca disperatamente di tenere in piedi un sistema che ormai sta collassando, e la natura prende il sopravvento su tutto ciò che l’uomo ha costruito.
Il racconto inizia in modo tranquillo e si trasforma via via in qualcosa di abbastanza movimentato. Testimoni di ciò che sta accadendo sul pianeta Terra (e sopra le loro teste) sono molteplici personaggi provenienti da diverse aree geografiche. L’autore si focalizza di volta in volta su personaggi diversi, catturando reazioni di ogni genere da più prospettive. Nonostante la presenza di un numero elevato di figure che, con le loro storie personali, rischiano di rendere la trama spezzettata, in generale ho trovato il racconto chiaro e avvincente.
In questo libro, Leiber tratta il tema della relazione tra umano e mito e, facendo ciò, pone in rilievo un inquietante interrogativo: se nell’universo esistessero civiltà più evolute di quella umana, come si comporterebbero con noi? Ci tratterebbero come bambini da difendere e istruire, o come insetti da schiacciare? Riguardo ciò, riporto una considerazione piuttosto sconvolgente che si legge verso l’inizio del racconto: “So bene che alcuni, tra voi, pensano che delle razze progredite ci amerebbero e ci aiuterebbero in ogni modo, ma io giudico l’atteggiamento di razze più avanzate nei confronti dell’uomo sulla base dell’atteggiamento umano nei confronti delle formiche. Su questa base, posso dirvi una sola cosa: ci sono i demoni là fuori, nelle immensità stellate. I demoni!”
Nell’introduzione di Giuseppe Lippi si legge che il romanzo ha tre anime distinte: apocalittica, minimalista e cosmica (quest’ultima suddivisa a sua volta in commedia e weird). Di queste posso dire di aver apprezzato moltissimo la parte apocalittica, in cui vengono spiegati, con una certa precisione scientifica, tutti i fenomeni (terremoti, lunamoti, maree, ecc). Così, oltre ad assistere a una buona dose di catastrofi, si ha anche modo di imparare qualcosa di vero sulle loro dinamiche.
Ho trovato molto affascinante anche il momento in cui l’aliena, Tirgerishka (spoilerata nella copertina del libro), racconta a Paul, uno dei protagonisti del momento, le sue conoscenze riguardo l’immensità dell’universo. Le motivazioni che la creatura extraterrestre fornisce, per giustificare le azioni della sua razza, appaiono animate da sentimenti profondi: “Noi vogliamo viaggiare con maggiore efficacia nel tempo. Non solo per osservare, ma per cambiare il passato, renderlo più pieno, ridare vita agli innumerevoli morti, vivere in una dozzina – o in un centinaio – di presenti, e non in uno soltanto, risalire all’inizio e ricostruire”.
© MONIQUE NAMIE
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