Scambio mentale – Robert Sheckley

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TRAMA: dopo aver letto un annuncio pubblicitario, Marvin Flynn decide di prendersi una vacanza su Marte. Per farlo accetta di scambiare la sua mente con quella di un marziano. Lo scambio dovrebbe essere del tutto alla pari, ma sfortunatamente l’extraterrestre risulterà essere un imbroglione. Così Marvin, per sopravvivere, sarà costretto a spostarsi di volta in volta in nuovi corpi, vivendo incredibili peripezie.


In questo racconto di fantascienza Sheckley mescola vari generi: umoristico, sovrannaturale, metafisico, romanzo d’avventura, e persino romanzo d’appendice. Questo calderone di tipologie il più delle volte risulta intrigante e ben riuscito… qualche volta un po’ meno.
Il racconto parte in modo calmo e poi inizia a snodarsi attraverso una serie di strabilianti avventure, talvolta così surreali e incredibili da lasciare nel lettore un senso di sbigottimento e meraviglia. Dopo che a Marvin viene rubato il corpo, inizia per lui un’estenuante lotta per la sopravvivenza che lo porta in universi sconosciuti dove le leggi della fisica sono del tutto stravolte. Allo stesso tempo, con l’aiuto di un detective marziano un po’ folle, cerca di rintracciare l’imbroglione che l’ha cacciato in quella situazione e di recuperare il suo corpo.
In genere la lettura è piacevole e la trama accattivante. L’unica parte che ho trovato un po’ stonata è quella che si rifà al romanzo d’appendice. Ad un certo punto del libro, lo stile cambia e l’autore inizia a soffermarsi su dettagli storici e politici del mondo che ha inventato in maniera forse un po’ troppo prolissa e confusionaria. Per fortuna questa parentesi è di breve durata.
D’altra parte ho apprezzato molto le parti trash-umoristiche. Vi basti sapere che il detective che si prende carico della vicenda di Marvin non è mai riuscito a risolvere un solo caso: nella sua carriera ha alle spalle ben centocinquantotto fallimenti, ma è comunque pieno di speranza e di fiducia nella statistica.
Certe ambientazioni presenti nel racconto appaiono come il frutto di una mente allucinata. Il fatto che Sheckley finì di scrivere la versione originale del libro nel 1966 (un’epoca in cui le droghe avevano iniziato a prendere piede tra giovani e artisti) dovrebbe far riflettere.
L’allucinazione viene nominata anche all’interno del racconto stesso. L’autore la chiama “deformazione metaforica” o “panzaismo”, termini su cui si potrebbe aprire una lunga parentesi di discussione. (Chi è interessato, o non sa di cosa parlo, può facilmente trovare riscontri facendo una breve ricerca.)
Voglio concludere questo articolo citando uno dei miei passaggi preferiti del libro. La descrizione di un uovo alieno dall’incredibile bellezza, in grado di risvegliare ricordi ancestrali: “Studiando attentamente l’oggetto singolare, e collegando poi le impressioni, Marvin poté mettere a fuoco il chiarore di un milione di magici fuochi che ardevano sulla superficie curva e multicolore dell’uovo. Ombre passavano a tratti, come il sentore di sogni quasi dimenticati, in spirali continue come spettri di dannati che scendono per un sabba. Marvin si sentì afferrare da una grande emozione, un ricordo lontano di crepuscoli e vespri, di placide mandrie al pascolo presso ruscelli di cristallo, di cipressi polverosi e dolenti ai lati di una strada in bianche pietre lastricate.”


Licenza Creative Commons Questo articolo © Monique Namie
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