
Titolo: La storia di Marinella. Una bambina del Vajont
Prima pubblicazione: 2015
Autrice: Emanuela Da Ros
Età di lettura: da 10 anni
“A Longarone sembra che d’ora in poi saranno sempre le 22:39. Ma Longarone non c’è più. E che senso ha il tempo se non c’è un luogo?”
Un libro per far rivivere i bambini del Vajont e per raccontare ai più piccoli la tragedia del 9 ottobre 1963.
L’autrice ha scritto questo libro dopo aver visitato il cimitero di Fortogna. Questo luogo ha la particolarità di custodire alcuni oggetti di vita quotidiana degli abitanti di Longarone: orologi fermi all’ora del disastro, un’auto accartocciata, occhiali senza lenti, il quaderno di una bambina di nome Marinella, classe terza elementare, che la mattina del 9 ottobre 1963 aveva scritto un tema sulla propria mamma.
Longarone negli anni ’60 era un paese che stava diventando una città. Contava quasi 5000 abitanti, che all’epoca per un paese di montagna erano molti, “[…] aveva un ufficio postale, una stazione dei pullman e una dei treni, con un tronco ferroviario che lo collegava a Venezia; e una strada statale detta d’Alemagna […]”.
Negli anni ’60 le classi scolastiche erano ancora divise per sesso, se una donna restava incinta fuori dal matrimonio destava forte scandalo, i santoli¹ erano una presenza importante nell’educazione dei bambini.
La storia si svolge principalmente nella giornata del 9 ottobre 1963. All’inizio di ogni capitolo è riportato un orario. Marinella si sveglia alle 7:05. La tragedia si verificherà alle 22:39. Il lettore si trova a camminare mano per mano con questa vivace ragazzina e con un orologio che segna un inquietante conto alla rovescia.
“Le piaceva correre. Le piaceva sfidare il vento e pensare che accelerando avrebbe potuto superare il misterioso movimento della Terra.”
Marinella ci accompagna con i suoi ricordi nei luoghi principali di Longarone, come il parco Protti, con la villa e la sequoia secolare. Oggi sappiamo che la villa e il parco furono spazzati via e l’unica a sopravvivere fu proprio la sequoia, che ancora oggi porta i segni della tragedia sulla parte inferiore del tronco. Marinella ci fa conoscere anche alcuni abitanti del posto con le loro storie semplici, ma al tempo stesso speciali ed emozionanti, proprio in virtù del destino che li accomuna. La maestra Antonietta, il maestro Paolino con la moglie Natalia e le sei figliolette, la bidella Rosetta che dormiva al piano terra della scuola, la santola Chiara con i gemellini Eugenio e Sebastiano, vissuti a Longarone per poche ore e mai registrati all’anagrafe.
Se si cerca una lista delle vittime, i nomi corrispondono a quelli dei personaggi citati nel libro (eccetto pochi frutto di fantasia). Emanuela Da Ros ha raccolto informazioni da una zia di Marinella e da un paio di maestri sopravvissuti per ricostruire il percorso che la bambina avrebbe potuto compiere per arrivare alla scuola.
Marinella è una combinaguai, spensierata e allegra. Non capisce del tutto la preoccupazione dei grandi e prende la questione “diga” alla leggera suscitando con i suoi pensieri simpatia. “Chissà se a Longarone siamo gli unici a fare discorsi simili […]. Cosa c’è per cena? Diga e purè. Com’è andata al lavoro? A tutta diga. Dov’è lo shampoo? Sul secondo scaffale, proprio sotto la diga. Diga più forte: non ti sento.”
Non mancano le parti dolorose con descrizioni drammatiche. A chi si domanda: come si fa a raccontare una simile tragedia a dei bambini? L’autrice risponde: “I ragazzi sono meno vulnerabili se racconti loro la verità.” E comunque la prima parte del libro è molto leggera. Le avventure di Marinella portano equilibrio in un testo dove gioia e tristezza convivono.
Lo stile della narrazione non è di certo quello di una ragazzina di dieci anni, così elegante e ricco di vocaboli. I pensieri di Marinella, infatti, passano attraverso la cesellatura dell’autrice. La differenza di stile si nota nel momento in cui viene riportato il testo fedele del tema. In questo non ci trovo nulla di negativo: non si tratta di un diario redatto personalmente dalla bambina, ma di pensieri immaginari che vengono tradotti quanto meglio possibile da un adulto. Marinella è più brava a formulare pensieri nella propria mente che a trascriverli. Lei stessa si giustifica con un’idea che le gira per la testa prima di consegnare il tema non proprio lungo. “D’accordo: potrebbe aggiungere qualcos’altro. Ma è sempre difficile tradurre i pensieri in parole scritte.”
Il libro cerca di sensibilizzare i più giovani, educandoli ai valori del rispetto della natura e della vita, “perché i bambini di oggi sappiano che cos’è successo allora e non ripetano gli errori del passato”.
Lo sbaglio più grande commesso dall’uomo è stata l’avidità, l’aver anteposto il denaro alla vita ignorando i segnali che la natura stava mandando. Quand’è che la sicurezza delle persone diventerà più importante degli interessi economici? Quanti altri Vajont serviranno ancora per cambiare la coscienza dei potenti? Raccontare questa storia ai più piccoli è un modo per tramandare fin dalla tenera età un evento che non deve essere dimenticato, con la speranza che i bambini da grandi possano compiere scelte più sagge.
Note:
1– Santolo/a: termine regionale che indica rispettivamente padrino e madrina.
Approfondimenti:
Le vittime del Vajont – Il tema di Marinella recuperato dal fango
L’ultimo giorno di Marinella
Vajont da non dimenticare (con la foto di Marinella)
La diga di Longarone come una lapide
©Monique Namie
Instagram: Monique Namie
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tanti anni fa ho visto un film al cinema che raccontava di questa tragedia… da allora ogni volta che ne sento parlare un brivido mi corre lungo la schiena e la commozione mi fa bruciare gli occhi…
fai bene a ricordare…
un abbraccio cara
buona serata
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Se intendi il film Vajont del 2001 l’ho visto diverse volte, è molto commovente.
Penso mi risulti più facile ricordare proprio perché i miei mi hanno portato a visitare quei luoghi per la prima volta quando ero molto piccola. È diventato parte della mia infanzia.
Un abbraccio e buona serata anche a te 😘
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Si il film è quello e da quando l’ho visto sono diventata estremamente sensibile all’argomento. Non sono mai stata sul posto, mia mamma sì e me lo racconta con grande commozione…
baci 💋
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è sempre molto importante far riflettere su ciò che è stata questa immane tragedia, e dunque ben vengano libri che ne trasmettono l’anima, che facciano arrivare anche ai più piccoli questo periodo storico così drammatico nella sua intensa verità.
Come sempre magistrale il tuo modo di presentare l’opera… 😉
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Grazie mille per l’apprezzamento!
I bambini sono il futuro, trasmettendo certi racconti si spera possano diventare persone migliori.
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Sono stata tantissimi anni fa nella zona e a Longarone. Ancora adesso mi si contorce lo stomaco pensando al disastro di vite umane spazzate via.
E’ stato un momento emozinante che porto nell’anima sempre.
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Grazie per questa recensione, ho messo il libro in lista.
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Grazie a te per esserti interessata!
Ci sono stata due o tre volte. È sempre una grande emozione. La prossima volta che ci andrò, mi sono promessa di visitare la parte del cimitero di Fortogna dove sono conservati gli oggetti personali recuperati dal fango.
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Bella recensione.
Al momento della tragedia, una mia compagna di scuola, i cui genitori provenivano da quelle zone, ci teneva aggiornati su quei terribili fatti. Alcuni compagni meno sensibili l’avevano soprannominata “Vajont”
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Felice che ti sia piaciuta e grazie per aver condiviso il tuo ricordo. Io dovevo ancora nascere quando è successo. Però, grazie ai miei genitori che mi hanno portato a visitare quei luoghi da piccola, mi è rimasto qualcosa dentro.
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❤️ 🧡 💛 💚 💙 💜 🖤
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