
Titolo: Resto qui
Autore: Marco Balzano
Prima pubblicazione: 2018
Questo è uno di quei libri che sono rimasta a osservare da dietro la vetrina del negozio, attratta dalla copertina che fin da subito mi aveva trasmesso un presagio di tragedia.
Il titolo, inserito nel particolare scenario del lago di Resia, parla da solo, usando un linguaggio poetico che rende lo stesso involucro del libro arte da fruire. “Resto qui”, nel mio paese ormai sommerso.
L’ambiente è quello del Sudtirolo, l’epoca è quella fascista. Il paesino su cui ruota la vicenda esisteva veramente e si chiamava Curon (il campanile è tutto ciò che ne rimane oggi).
Mi sono imbattuta in recensioni entusiastiche su questo romanzo che non rispecchiano esattamente quello che ho provato io leggendo. Forse sto attraversando un periodo ipercritico verso tutto, o forse, trattandosi di un finalista al Premio Strega, gli animi di molti recensori si sono ingentiliti.
Il romanzo è scritto in prima persona. A parlare è Trina, una madre che il lettore imparerà a conoscere pian piano. Questa donna rientra in quella tipologia di personaggi letterari che a me sembrano costantemente portarsi addosso un peso enorme.
I momenti felici del passato, nell’essere raccontati, passano attraverso il filtro del tempo che li mostra lontani, sbiaditi e, inevitabilmente, finiscono per assumere contorni malinconici. Tutto appare cupo e man mano che si prosegue più aumenta il presagio della tragedia imminente. (Anche se forse sarebbe più corretto parlare di tante piccole tragedie).
Lo stile è semplice e abbastanza colloquiale. Poiché colei che parla è una maestra, mi sarei aspettata una prosa più ricercata, con espressioni più formali. La lettura prosegue comunque in modo fluido e gradevole.
Trina si rivolge costantemente a Marica, la figlia che le è stata portata via. Le sta scrivendo una lettera immaginaria nella quale ripercorre la propria esistenza riversando dentro tutto lo sconforto.
Il libro è pervaso da un senso di rassegnazione e impotenza che a me ha fatto provare un sentimento di rabbia nei confronti degli usurpatori. Prima i fascisti, che tentano di cancellare la cultura di un popolo impedendo di insegnare il tedesco a scuola. Poi i tedeschi, che danno la caccia a chi si rifiuta di arruolarsi nell’esercito per condannarli alla fucilazione. Poi ancora gli uomini della Montecassini che hanno deciso di distruggere la storia di Curon per costruirci sopra un lago artificiale.
Attorno alle vite degli abitanti di Curon sembra aleggiare l’aria composta da Georg Friedrich Händel: “Lascia ch’io pianga” E ancora la rabbia torna. Perché non si ribellano tutti assieme? Perché non prendono in mano la loro vita invece di farsi guidare da paura e false speranze? Lo fanno, in realtà, ma iniziano quando è già tardi. I personaggi diventano degli eroi sconfitti.
In tutto questo Trina dovrebbe essere la donna stoica e forte che decide di rimanere fino alla fine. Di certo alcune sue azioni appaiono coraggiose, ma per lo più mi è sembrata trascinata dagli eventi e incapace di lottare per ciò che desidera veramente. Se davvero fosse stata mossa da una potente forza di volontà, invece di vivere nell’amarezza della perdita, avrebbe potuto cercare sua figlia. Ma allora il libro non avrebbe più parlato di Curon. Il risultato è che la figlia perduta appare solo come un escamotage che l’autore usa per far sì che Trina possa raccontare a qualcuno la sua storia. Inoltre così la protagonista non dà l’idea di essere tanto risoluta come ci aspetterebbe. Va avanti per la sua strada, ma sembra farlo per inerzia più che per determinazione.
Nonostante tutto, questo romanzo riesce a emozionare. In alcuni passaggi la malinconia è così forte da commuovere fino alle lacrime. Dovessi muovere una critica nei confronti dell’autore direi che gli riesce benissimo trasmettere al lettore emozioni quali malinconia, tristezza, rassegnazione, ma i sentimenti positivi passano in sordina e quei momenti che li contengono sembrano meccanici e vuoti. Probabilmente era proprio nel suo intento pervadere questo romanzo di un pesante nembo di afflizione. D’altronde qui si parla di un paese che viene ucciso e sepolto assieme ai ricordi del suo passato.
Consiglio questa lettura? Senza dubbio sì. È un libro scritto bene, e racconta una storia vera. La storia di un paese semisconosciuto del Sudtirolo durante la Seconda guerra mondiale, paese che oggi giace sotto una tomba d’acqua assieme al suo antico passato, le piazze, i masi, i negozi, i pascoli. Unico testimone rimasto il campanile, che si innalza dal lago come lo spettro del fantasma di Curon.
Monique Namie
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Ciao, io l’ho letto perchè conosco bene quei luoghi er ero dunque curiosa di un romanzo ambientato lì. Mi è piaciuto molto.
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Ciao, grazie per il commento. Immagino che l’esperienza di lettura di chi conosce personalmente i luoghi citati sia più intensa. Io amo la montagna e la storia, inoltre la copertina del libro mi ha totalmente conquistata.
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Bella recensione!
Una mia amica era andata in vacanza in quei luoghi e ha scoperto prima il campanile e poi la sua storia. Come segno del destino dopo pochi mesi usciva questo libro: l’ho comprato e letto e poi ne ho comprata un’altra copia per regalarla a lei.
La vicenda della figlia scomparsa in effetti sembra un po’ forzata, non aggiunge molto alla storia. A un certo punto mi ero anche dimenticata di questo pretesto. Mentre mi è piaciuta molto questa atmosfera di tragedia annunciata a cui pare impossibile sfuggire. Così come conoscere meglio le oppressioni subite da questo paesino da un’Italia che gli era totalmente estranea.
E apprezzo tantissimo la volontà dell’autore di voler richiamare il pubblico e sensibilizzarlo sul vero significato del campanile, che con il trascorrere del tempo rischia di diventare mera attrazione turistica per scatti veloci di chi non ha interesse a soffermarsi a scoprire cosa celano le acque di quel lago.
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Grazie, felice che la recensione ti sia piaciuta.
Un giorno mi piacerebbe andare a visitare con attenzione quei luoghi.
Anch’io ho apprezzato moltissimo il tentativo dell’autore di smuovere la coscienza sul tema del turismo superficiale.
Le informazioni storiche sono davvero interessanti. Penso che sia importante raccontare di certe storie semisconosciute. L’autore, a questo proposito, trova tutta la mia approvazione.
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qualche anno fa ho visto e fotografato questo campanile, è un ambiente molto suggestivo, con quel mistero che al giorno d’oggi si veste di poesia. Sicuramente la lettura del libro che ci proponi esplora il dolore di quella realtà storica, di quegli anni dove la bellezza del turismo di oggi non esisteva, e dove la vita era davvero amara…
Buon wek end, un abbraccio… 😉
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Grazie per il tuo commento, Max! Sì, è un libro che descrive la cruda realtà storica di quel periodo in quel preciso luogo.
Buon week end anche a te 🙂
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Conosco quella zona dell’Alto Adige è molto interessante anche dal punto di vista storico.
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Bella recensione per un libro di valore
😘😘😘
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Grazie! 😊
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❤
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