
Titolo originale: The Plague of the Spanish Lady. October 1918 to January 1919
Titolo italiano: La spagnola. Storia dell’influenza che cambiò il mondo
Autore: Richard Collier
Prima pubblicazione: 1974
Penserete che non sia il momento migliore per leggere libri che parlano di virus pandemici. Ne sentiamo parlare già abbastanza nei notiziari. Ma io sono curiosa per natura e quando ho saputo della spagnola, a cavallo tra la Grande Guerra e il fascismo, mi è rimasta quella voglia di saperne di più.
L’influenza spagnola fu chiamata così perché la Spagna fu la prima a denunciare la nuova infezione virale, tuttavia non c’è certezza da dove questa abbia veramente avuto origine.
L’immagine di copertina è una foto storica che ritrae i soldati di Fort Riley, Kansas, malati d’influenza spagnola in un reparto ospedaliero a Camp Funston.
Il libro racconta gli anni in cui il mondo fu colpito dal virus. Questo periodo buio ebbe inizio quando era in corso la Grande Guerra e si attenuò fino a scomparire un paio di anni dopo l’armistizio.
La narrazione avviene attraverso un resoconto di varie testimonianze provenienti da ogni parte del globo. Il testo si focalizza ora su un personaggio ora sull’altro. In questo modo si hanno moltissime storie personali che si intrecciano.
I fatti narrati sono di diversa natura: alcuni sono macabri, tragici e commoventi, altri sono chicche interessanti, altri ancora aneddoti divertenti che riescono a strappare un sorriso.

[Harry Shepherd/Fox Photos/Getty Images]
Immaginate gli anni dal 1917 al 1920. Non c’erano sistemi per lo smaltimento delle acque nere. I bagni erano esterni (si trovavano anche a cento metri da casa), e consistevano in uno stretto gabbiotto di legno con dentro un sedile sotto il quale veniva posto un secchio. Per riscaldarsi a letto si mettevano sotto le coperte delle pietre lasciate riscaldare sul caminetto e poi avvolte in dei giornali. Non c’erano docce, e come vasche da bagno si usavano tinozze di zinco. La guerra aveva diviso le famiglie, e portato al fronte molti medici, infermiere e risorse. Povertà, malnutrizione e scarsa igiene contribuirono a rendere la situazione, già di per sé cruciale, ancora più critica.
Esistevano tante teorie diverse sulla malattia quasi quanti erano i medici. Ognuno aveva un’idea diversa, ma scientificamente nessuna certezza. Esistevano anche altrettanti metodi di cura e medicinali che un dottore poteva considerare ottimi aiuti e che un collega invece poteva demonizzare. Qualcuno pensava, per esempio, che l’olio di ricino, assunto in abbondante quantità, potesse aiutare a “disintossicarsi” dal virus, o a tenerlo lontano in caso uno non fosse ancora infetto. Altri usavano per questo scopo alcolici ad alta gradazione.
Si diffuse l’idea che il virus fosse nell’aria malata, allora ci si barricava in casa con le stufe a pieno regime in un ambiente soffocante e privo d’ossigeno. Porte e finestre addirittura inchiodate e coperte da teli.

Davvero curiose alcune chicche su personaggi storici famosi. Sapevate che anche Walt Disney fu colpito dalla spagnola? La febbre lo tenne delirante per una settimana, ma infine si riprese. Che cosa sarebbe la storia del cinema d’animazione se il suo destino fosse stato diverso?
Pur senza citare mai la situazione dei giorni nostri, tra le pagine si scoprono analogie che assomigliano sorprendentemente al lockdown di vari colori che stiamo vivendo. Scuole chiuse, assembramenti vietati, locali che chiudono molto presto, luoghi ludico-ricreativi sbarrati, scaglionamento dei turni di lavoro per non sovraffollare i mezzi, code fuori dai negozi di alimentari. (Solo le industrie belliche continuarono sette giorni su sette). Ma anche i discorsi di chi protestava contro le nuove regole restano davvero incredibilmente simili a quelli di oggi:
“Si dava forse il caso […] che il virus dell’influenza, rigidamente rispettoso delle regole come un funzionario dell’Ufficio di Igiene e Sanità, colpisse all’improvviso sui tram e mai nelle code davanti agli spacci di alimentari, mai si aggirasse in un grande magazzino o comunque in un negozio prima delle quattro del pomeriggio?”

L’uso delle mascherine venne imposto negli uffici pubblici e nei mezzi di trasporto urbani dopo mesi dai primi casi (l’epidemia era iniziata nel febbraio 1918 e le prime mascherine arrivarono in ottobre). E ancora le reazioni della gente di allora non cambiano molto rispetto alle reazioni attuali.
“Questo provvedimento, come qualsiasi altro la pandemia avesse originato, fu molto avversato. Gli operatori sanitari erano divisi; e molti […] espressero fin dall’inizio giudizi negativi sull’uso delle mascherine: aumentando la temperatura e l’umidità dell’aria respirata, attentavano alle difese naturali della membrana respiratoria. Migliaia di cittadini lo considerarono un colpo inferto alla propria libertà personale e reagirono con aperta ostilità: «Sembriamo un branco di cani con la museruola».”
Assieme alla sorpresa si fa strada in me un po’ di sconforto. Perché continuiamo a ripetere certi comportamenti in loop? Perché a scuola nessuno mi ha parlato della spagnola? La censura della guerra l’ha reso un capitolo dimenticato della storia italiana, ma non è mai troppo tardi per aggiungerlo ai nuovi libri scolastici.
Oltre agli aspetti sociali, ciò che rende interessante tutta questa vicenda è che la spagnola resta tuttora qualcosa di misterioso di cui non si conosce l’esatta origine. All’epoca il microscopio elettronico non esisteva (sarà inventato negli anni ’30) e ogni tentativo volto a identificare il virus colpevole di aver messo in ginocchio il mondo fallì. Esistono alcune teorie, e un bacillo sospettato di essere quello responsabile della spagnola fu effettivamente scoperto solo negli anni ’40, ma non esistono certezze matematiche al riguardo.
È un libro che va letto se si vuole avere una visione più completa della storia durante il periodo della Grande Guerra. È giusto sapere che oltre all’orrore della guerra, a rendere più difficile una vita già segnata dalla povertà, vi fu anche un virus che condizionò radicalmente molti aspetti fondamentali dell’esistenza.
Per approfondire:
Perché l’influenza spagnola è un capitolo dimenticato della storia italiana
Innovative Ways People Tried to Protect Themeselves From the Flu
© MONIQUE NAMIE
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Bisognerebbe davvero inserirlo nelle scuole! Altrimenti si ripetono le stesse paure e gli stessi pensieri quali “ci stanno privando drlla libertà”, quando invece è in corso una pandemia vera…
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Speriamo venga almeno inserito un paragrafo nei nuovi libri, perché è una parte di storia importante quella che oggi viene trascurata.
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Grazie per averlo proposto! I nostri libri di storia, purtroppo, non sono aggiornati, per non parlare del fatto che spesso il programma si interrompe direttamente alla Seconda guerra mondiale. Tanto per capirci, ho “studiato” la storia americana più grazie a Philip Roth (ti consiglio Nemesi), che grazie ai miei vecchi manuali.
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Grazie a te per il consiglio! Purtroppo è vero quello che dici sul programma scolastico. Ricordo che gli ultimi capitoli del libro di storia ce li fecero proprio saltare.
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La Storia che si ripete…
Io ero venuta già a sapere di questa epidemia per puro caso, ma era rimasto solo un nome non ben definito, non sapevo molto di più se non che fosse un’influenza che colpiva, in quel caso, più i giovani.
Mi ha fatto davvero impressione leggere i discorsi che hai riportato, quelli di oggi sono un vero e proprio inconsapevole copia-incolla! 😱
Almeno le condizioni di vita per molti di noi sono decisamente migliori. Se inizio a buttarmi giù, penso sempre: “se proprio doveva succedere, meglio viverla adesso che allora”.
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In questo libro non dicono che colpiva i più giovani (l’avevo sentito dire anch’io), anzi parlano di giovani, adulti, e anziani quasi indistintamente.
Le condizioni di vita odierne di sicuro aiutano. Pare proprio che sia stato dopo quella pandemia che la Sanità Pubblica di alcuni Stati abbia iniziato a porre delle norme igieniche per bar, ristoranti, ospedali…
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Grazie della precisazione! Come al solito le notizie sentite qua e là sono poco accurate. Ho già scaricato l’estratto del libro sul Kindle e penso che presto lo acquisterò per leggerlo: credo che non ci sia momento migliore per ampliare le nostre conoscenze sul tema pandemia!
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Se lo leggerai, sono curiosa di sapere il tuo parere 🙂
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fu un periodo davvero nero per l’umanità, letto al giorno d’oggi sembra quasi incredibile quante somiglianze ci siano col periodo che stiamo vivendo, comprese quelle curiose mascherine, che certo non proteggevano molto, visto che la bocca era in parte scoperta, ma davano l’idea della gravità della situazione…
Come sempre interessante la tua lettura… 😉
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Le mascherine dell’epoca hanno colpito anche me. Coprivano bene il naso, ma non la bocca, come se il virus si potesse respirare solo dal naso.
Grazie dell’apprezzamento, Max!
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Di questa epidemia ne ho sentito parlare dai racconti dei miei nonni e dai miei genitori.
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I miei nonni sono nati dopo, quando era già finita, quindi non me ne hanno potuto parlare. Mi sarebbe interessato sentire il racconto di qualcuno che ha vissuto quegli anni.
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Essendo un patito di storia mi sono informato su questi argomenti e posso dire che molti comportamenti che aveva non solo in quel periodo storico ma anche durante la peste nel medioevo erano molto simili a quello che abbiamo noi oggi. Ovviamente la prima cosa che facevano era isolare i contagiati e cercare vari rimedi per curare la malattia anche se ai tempi molti di quei metodi erano molto “fantasiosi”. Ovviamente c’era chi si inventava le storie più assurde su come era nato quella malattia (nel medioevo dicevano molto spesso che era un castigo divino ma non mancavano le volte in cui si puntava il dito contro altri).
È sicuramente un libro da recuperare assolutamente. Grazie per il consiglio!
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Anche nel caso dell’influenza spagnola all’inizio i vari Stati si puntavano il dito uno contro l’altro, finché la situazione non è diventata così tragica e insostenibile che si è deciso di unire le forze e allontanare i dissapori.
Se sei un patito di storia penso troverai questo libro davvero molto interessante. Grazie a te per il commento!
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