- Un deserto tra noi
Nel deserto del Gobi la temperatura oscillava da un massimo di +40°C a un minimo di -40°C. Il terreno arido e il clima, caratterizzato da escursioni termiche proibitive, impedivano qualsiasi tipo di coltura. Il luogo, abbarbicato su un altopiano, era tanto disagevole che nessun occidentale con un minimo di buon senso avrebbe mai avuto la brillante idea di trasferircisi. I pochi nomadi che popolavano la zona compivano le loro abituali traversate sul dorso di cavalli o cammelli. Gli studiosi in missione di ricerca, invece, preferivano affittare un fuoristrada a trazione integrale per raggiungere i siti archeologici più interessanti: così aveva scelto di muoversi anche la squadra diretta dal professor Wilfred Harvey.
La sua vita si divideva tra ricerca sul campo e insegnamento all’università. Per quattro mesi soggiornava in una tenda nel deserto del Gobi, per altri quattro in una città piena di comfort dove, per guadagnarsi da vivere, teneva un corso di paleopatologia nell’ateneo più importante della regione. Durante il rimanente periodo estivo restava a casa a deprimersi, da solo.
Gli costava molto ammetterlo, ma si era abituato anche all’assenza di sua moglie, strappata a lui da una malattia incurabile sei anni prima. Non aveva figli che la domenica potessero andare a fargli visita, e l’unica cosa che lo faceva andare avanti era il suo lavoro. Era felice di insegnare e di poter stare a contatto con i suoi giovani allievi, ora più che mai.
Il periodo estivo, tuttavia, significava distanza. Ria abitava a più di duecento chilometri da lui, per cui, anche volendo, non avrebbe potuto andare a fare un giro nei dintorni con la speranza di incontrarla per caso. Gli mancava la sua voce che gli poneva qualche domanda, e ricordava con nostalgia il giorno in cui si erano scontrati davanti all’entrata della biblioteca: l’inaspettata agitazione che lo aveva colto, quando le mani guantate di Ria avevano fatto pressione sul suo petto per evitare di cadere, era ancora molto vivida. Mentre lui stava per entrare, lei aveva spalancato la porta e si era riversata all’esterno in tutta fretta, cadendo letteralmente tra le sue braccia.
«Oddio! Mi scusi tanto professore! Sono in ritardo per la lezione di chimica del restauro», aveva detto scostandosi immediatamente da lui e correndo via.
«A domani!», le aveva risposto Wilfred con un sorriso. Ripensando a quell’episodio durante la giornata, si era sentito uno sciocco: così, semplicemente per essersi creato l’aspettativa che il giorno seguente lei sarebbe venuta al suo corso solo perché gliel’aveva detto lui.
Era stato in quel preciso momento che aveva pensato al deserto del Gobi come a un rifugio. Per quanto quella lontananza forzata lo tormentasse, era convinto che più chilometri avrebbe messo tra le loro vite, più facilmente sarebbe riuscito a rassegnarsi al fatto che un giorno non l’avrebbe più rivista. Mancavano solo quattordici mesi alla laurea, e Ria aveva già espresso la volontà di averlo come relatore. Con rammarico si era visto costretto a respingere la richiesta, tirando fuori il primo pretesto disponibile. Perché tra tutti i professori Ria aveva scelto proprio lui? Che in realtà provasse un po’ d’ammirazione nei suoi confronti?
Il deserto del Gobi, quella terra desolata lontana dal mondo civile, era l’unica possibilità che aveva di uscire da quella situazione. A cinquantanove anni sapeva che avrebbe dovuto smetterla di organizzare missioni in terre inospitali e irte di pericoli, eppure continuava a farlo, come a voler sfidare il tempo che gli aveva ingrigito i capelli e gli aveva portato in dono rughe e acciacchi. Solo gli occhi erano rimasti gli stessi, quelli scuri e intensi di quando era ragazzino, ma lui non se ne rendeva conto. Si sentiva vecchio, e allo specchio non vedeva altro che i segni dei suoi anni. Quel luccichio che ancora si nascondeva nello sguardo, rivelando la presenza di qualche sogno segreto e la curiosità di scoprire nuovi tesori, quello, lui non lo distingueva più…
Mai avrebbe immaginato che quella ragazzina avrebbe fatto domanda per entrare nella sua squadra di ricerca. Sulle prime aveva cercato di protestare pacatamente con il rettore, ma infine si era visto costretto ad arrendersi. Che razza di genitori irresponsabili doveva avere! Se fosse stata sua figlia, Wilfred non l’avrebbe mai lasciata partire per un luogo tanto lontano e impervio.
L’equipe di studiosi era formata da nove individui provenienti dalle migliori università del mondo: Wilfred era il più anziano e Ria la più giovane.
Il professore era conscio del motivo per cui era costretto a condividere la stessa tenda con lei: quella geniale testolina bionda di Ria Norrel nascondeva l’ambizione di una laurea con lode e competenze extracurricolari da aggiungere alla sua, già impeccabile, carriera scolastica. Eppure Wilfred Harvey non smetteva di pensare che sotto sotto ci fosse anche un’altra ragione.
“Il paleopatologo”.
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