Storia scritta per il club di Aven del gruppo Raynor’s Hall.
Tema: un incontro inaspettato
Nota dell’autrice:
Mi sembra doveroso segnalare che questo micro-racconto è maturato dopo la visione di documentari sulla Shoah e dopo la lettura di due libri storici quali Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani e Se questo è un uomo di Primo Levi.
Zoccoli duri in legno, spaiati, di due taglie diverse. Li tenevo legati al piede con del filo di ferro. Se li avessi persi avrei dovuto proseguire scalzo, il Kapò mi avrebbe scudisciato a sangue e le piaghe si sarebbero aggravate.
La neve si era sciolta. Il fango si attaccava alla suola trattenendo i miei piedi a terra, come negli incubi in cui si deve fuggire da qualcosa e ogni passo millimetrico costa una fatica incredibile. Ma in quel momento, l’incubo era reale.
Le nostre misere esistenze si trascinavano respiro dopo respiro un po’ più avanti in quell’eterno presente. Mi guardavo gli stinchi smilzi e insudiciati. Più avanti altre gambe magre e sporche come le mie. Se qualcuno cadeva, veniva preso a bastonate e lasciato a faccia in giù agonizzante.
La mia mente alcune volte vacillava. Pensavo solo alla fame, alla prossima razione di pane, al freddo. Pensavo alla fame più di tutto: così radicata dentro di noi da diventare un’ossessione anche durante il sonno, quando i denti masticavano l’aria.
Pensavo a questo quando, improvvisamente, tra la melma vidi un fiore: due fogliette maltrattate e un gambo corto con su una corolla sgualcita di petali scoloriti. Quale incontro inaspettato! Pensai fosse un miraggio. Otto mesi prima l’avrei colto e regalato a Lucyna.
Mi lasciai cadere in ginocchio sulla fanghiglia, a un passo dall’aldilà. La processione si arrestò dietro di me. Il pensiero delle bastonate, che mi sarebbero arrivate da un momento all’altro, mi diede la forza di rialzarmi presto. Tra le mani avevo il fiore, strappato dal suolo con anche le radici. Me lo nascosi in bocca e lo ingoiai. Sapeva di terra, era amaro, e in quel momento era la cosa più buona che avessi mangiato.
“Primavera a Dachau”
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La fame… mia nonna raccontava della fame nell’ultima guerra. Era la cosa che nominava di più.
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Mia nonna, che è nata nel ’32, ricorda quando i soldati tedeschi si presentavano in casa a chiedere da mangiare. Già ce n’era poco per la famiglia…
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Periodo molto brutto per i civili
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Bellissimo il racconto che hai tirato fuori
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Grazie mille, Maria!
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A te, Monique 😊
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Scrivi molto bene.
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Grazie mille, ero ispirata.
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un racconto che mette in luce le atrocità del momento, attraverso una narrazione viva dove ogni particolare sembra essere lì, nella sua sconvolgente realtà umana.
Bravissima!
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Grazie mille, Max! Sono felice che il mio racconto ti abbia trasmesso tanto.
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Molto bello il racconto. Un incontro che potrebbe sembrare poetico ma che poi cade nella cruda realtà del momento. Ho letto molti libri su questi argomenti, tra cui anche “Se questo è un uomo”… mi fanno davvero rabbrividire. Ma è fondamentale conoscerli. Molto bello, mi è piaciuto
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Grazie mille, Alice! Assolutamente, è fondamentale conoscere anche le atrocità del passato.
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Mai dimenticare la memoria di un passato glorioso o inglosioso che sia stato.
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