
Titolo: Le otto montagne
Autore: Paolo Cognetti
Prima pubblicazione: 2016
Premio Strega 2017
“Se il punto in cui ti immergi in un fiume è il presente, pensai, allora il passato è l’acqua che ti ha superato, quella che va verso il basso e dove non c’è più niente per te, mentre il futuro è l’acqua che scende dall’alto, portando pericoli e sorprese. […] Qualunque cosa sia il destino, abita nelle montagne che abbiamo sopra la testa.“
Mia madre non è una lettrice assidua, ma ogni tanto sente parlare di un film ispirato a un romanzo e quindi recupera il libro. Così ho provato a vedere se questo Premio Strega 2017 poteva interessare anche a me.
La montagna mi piace. So che i miei parenti da parte materna venivano dalla zona di Borso del Grappa e forse qualcosa nei geni dei miei avi mi spinge a guardare spesso verso nord. Quando le giornate sono limpide, dalla finestra della mia camera da letto vedo il monte Grappa. Se punto il telescopio noto un filo di un diverso colore che sale sul versante grigio della montagna, e quella è la strada che porta su. Poi riconosco gli enormi gradoni del sacrario militare e in cima alla cappella rare volte, se l’aria è davvero pulita, intravedo anche un minuscolo tricolore sventolare.
Ci sono stata alcune volte, su cima Grappa. Ho letto i nomi dei soldati, percorso sentieri, mulattiere, visitato resti di vecchie trincee. Capisco il sentimento che descrive il protagonista nei confronti della montagna. È come un richiamo che nasce da qualche misterioso avvenimento del passato, una specie di imprinting. Per questo, leggere Le otto montagne mi ha fatto venir voglia di tornare a fare lunghe camminate a 1700 metri di quota, al termine delle quali si torna stanchi ma allo stesso tempo arricchiti di emozioni ed esperienze nuove.
Il romanzo prende spunto dal vissuto dell’autore, la storia è parzialmente vera. I ricordi di quando era un ragazzino sono una parte fondamentale: le estati passate in montagna e gli inverni in città.
Il titolo Le otto montagne deriva da un’antica leggenda nepalese secondo cui al centro del mondo c’è una montagna altissima, chiamata Sumeru, intorno a Sumeru ci sono otto mari e otto montagne. Il protagonista ne viene a conoscenza in uno dei suoi viaggi in Asia meridionale.
Questo libro di Paolo Cognetti è anche un romanzo di formazione. L’amicizia tra Pietro e Bruno è molto bella. Pietro ha conosciuto l’amico da piccolo, quando andava in vacanza a Graines d’estate, in Val d’Aosta. Pietro è quello che va e viene, Bruno è quello che resta e vuole fare il montanaro. Eppure, anche se per molto tempo non si vedono, la loro amicizia rimane immutata anche da adulti.
La narrazione è semplice, veloce e scorrevole. Il protagonista, Pietro, esplora le montagne con suo padre, ed è tramite il modo enigmatico di esprimersi del genitore che ci vengono fornite delle massime che sembrano provenire da una cultura lontana. Quando Pietro si chiede perché certa gente ha scelto di vivere in un posto così remoto e isolato come la montagna suo padre dice: “Non l’hanno mica scelto. Se uno va a stare in alto, è perché in basso non lo lasciano in pace.“
La montagna è un mondo a parte, dove alcune persone vanno per allontanarsi da una società spesso deludente. Nelle mie escursioni, mi è capitato d’incontrare altri camminatori e ogni volta ci si salutava e ci si scambiava qualche parola. Queste cose non succedono incontrando persone in città. È come se in montagna prendesse vita un sentimento di fratellanza.
E io che sono affascinata dalla Scienza Naturale e, dalla Scienza in generale, in questo romanzo ho trovato dei passaggi estremamente interessanti da questo punto di vista.
“Il ghiacciaio […] è la memoria degli inverni passati che la montagna custodisce per noi. Sopra una certa altezza ne trattiene il ricordo, e se vogliamo sapere di un inverno lontano è lassù che dobbiamo andare.” E osservando dei rivoli scendere dalla quota di fusione: “L’acqua lì non viene mica dalla neve di quest’inverno. È neve che la montagna ha conservato per chissà quanto tempo. Magari l’acqua di adesso viene da un inverno di cent’anni fa.”
Alcune volte nel romanzo ci sono dei momenti in cui ieri e oggi s’intersecano per qualche istante grazie ai ricordi. “Secondo te il passato può passare un’altra volta?” La montagna è come un essere vivente che conserva in sé diversi piani temporali. Non solo per le antiche nevi del ghiacciaio, ma anche perché su quasi ogni cima si trova un diario con i pensieri di chi è passato di là. Pietro scala le cime delle montagne anni dopo che le aveva scalate suo padre e ritrova quei frammenti di passato che lui ha lasciato impressi sul diario. Ed è come riscoprire una parte della propria esistenza.
Infine “avrà imparato di più chi avrà fatto il giro delle otto montagne (Pietro) o chi è arrivato in cima al monte Sumeru (Bruno)?” Il lettore può cercare da sé una risposta tra le pagine.
© MONIQUE NAMIE
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La montagna come luogo mi affascina, ma nella vita “reale” preferisco il mare (faccio sempre il conto alla rovescia in attesa del primo bagno 😂).
Però mi piace leggerne da chi sa descriverla bene, la tua recensione è un’ulteriore conferma che devo recuperare questo libro di cui si parla sempre benissimo!
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Da piccola adoravo il mare, poi con il tempo ho cambiato gusti, vai a capire perché 😁 Sono contenta di averti invogliata un pochino di più a recuperare questo libro.
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